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martedì 21 marzo 2017

Sara incrocia il Grande Zot in Sardegna


di Sara Teghini


La prima volta che ho visto il Grande Zot è stato nelle Bocche di Bonifacio: navigava al lasco verso la Sardegna, tutte le vele del suo armo aurico a riva, gonfie, la sua linea slanciata che tagliava le onde - una meraviglia per gli occhi. “Omero, ma quella che barca è?” ho chiesto. E Omero ha cominciato il suo racconto… “Quello è il Grande Zot. È una barca storica”. Il racconto comincia più di 30 anni fa, quando Giancarlo Toso entrò nello studio di Carlo Sciarrelli, e gli chiese di progettare una barca.

Ma la storia del Grande Zot in realtà comincia ancora prima, negli anni delle grandi navigazioni e delle battaglie navali negli oceani di tutto il mondo tra le flotte inglesi e francesi. La velocità era la chiave di molte spedizioni, più o meno legali, e gli inglesi già dalla fine del 1600 utilizzavano delle navi a due alberi armate con vele auriche e un fiocco a prua - le golette o, nella rivisitazione americana, schooner. Erano navi veloci, manovriere, poco costose da costruire e mantenere: perfette per la consegna di ordini alle flotte, il trasporto della posta, la pesca e anche il contrabbando.

Quando la Royal Navy inglese cominciò a scorrazzare per il Mediterraneo cercando di sconfiggere Napoleone le golette cominciarono a diventare popolari anche in Italia, tanto che alla fine del 1800 pare rappresentassero la stragrande maggioranza delle piccole e medie imbarcazioni che solcavano i nostri mari.

Il Grande Zot è ispirato a queste storiche imbarcazioni, forse le uniche che soddisfacevano entrambe le richieste che Giancarlo Toso avanzò quando entrò nello studio di Sciarrelli: voleva una barca bella, e che costasse poco. E qui, se si vanno a leggere la pagine che il grande progettista dedica al Grande Zot nel suo libro “Lo Yacht”, si scopre che la motivazione dietro alla scelta di progettare una goletta vecchio stile è profondamente tecnica. Ma quando si ha a che fare con un pensiero fuori dal comune come quello di Sciarrelli, la tecnica è spesso molto vicina alla poesia…

Per costare poco la barca doveva essere costruita in ferro, affrontando le difficoltà progettuali che il peso del ferro pone - difficoltà progettuali che Sciarrelli “liquida” con un ragionamento semplice: se la barca pesa come quelle di 100 anni fa, deve avere una carena come quelle di 100 anni fa - “Se i dati con i quali si imposta la progettazione sono gli stessi degli antichi, vengono fuori le barche degli antichi. Non erano mica stupidi una volta i bravi, come non sono stupidi i bravi di adesso”. E fu così che il progetto del Grande Zot nacque come un progetto poco costoso, ma non per questo meno elaborato: scafo lungo e stretto per risparmiare sul peso e sulle attrezzature, alberi bassi e inclinati per risparmiare sul sartiame, paranchi per risparmiare sui verricelli.  

Ma il basso costo non ha avuto alcun impatto sulla bellezza del progetto, perché la filosofia di Sciarrelli non si curava tanto del costo, quanto del valore: “Nella trappola insidiosissima, che se non si hanno i soldi per una barca bella ma costosa bisogna accontentarsi di una brutta ma economica, ci si cade non per povertà, ma per volgarità”. E nonostante il Grande Zot sia stato costruito un po’ rozzamente, non ha niente di volgare: le vele allungate oltre la prua da un bompresso lunghissimo, il bordo libero basso, una velatura imponente e un fascino straordinario che resiste al tempo e alle mode.

Giancarlo Toso ha cominciato a farla lavorare, prima in Mediterraneo e poi ai Caraibi, arricchendo la storia del Grande Zot di mille aneddoti: la sua prima traversata, raccontatami da un membro dell’equipaggio che ha navigato con noi sulla Freya ai Caraibi, la sua mitica marinaia, ricordata da tutti, i complimenti di Eric Tabarly, i lavori di ammodernamento per dare al Grande Zot almeno qualche tocco di modernità - un motore e un impianto elettrico.

E la storia del Grande Zot continua oggi grazie a Saverio, il suo armatore e comandante. Certo, tutti sono innamorati della propria barca, ma per amare una barca così difficile ci vuole una passione grandissima, che a Saverio non manca: e con amore fa navigare il Grande Zot come se il tempo non fosse passato.
Grande Zot in Sardegna

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